Ritratto di donna

Ettore Tito

1901
Olio su tela
81 x 53 cm
Anno di acquisizione ante 1983


Inv. 0229
N. Catalogo A219


Esposizioni

Bibliografia

«Le sue figure non sono mai composte in fredda rigidità di attitudini. Anzi, nel prepotente bisogno di cogliere la vibrazione stessa del movimento, la irruente foga della ricerca gli prende talvolta la mano [...], alterando insomma in qualche guisa la correttezza della linea». 

 

«Fedele e fervido amante delle calli, delle fondamenta, dei canali dai mille riflessi, dal tripudio di colore e di luce [...]. In un’epoca come la nostra, nella quale i vecchi confini segnati ad ogni arte sfumano e ondeggiano sino all’inconsistenza, egli è rimasto, non per cieco amore del vecchio, o per odio o per voluto disdegno del nuovo, ma semplicemente per imperiosa necessità del suo intimo io, pittore nell’accettazione più tradizionalmente propria della parola»1. Con queste parole la critica d’arte Margherita Sarfatti, nel 1905, tracciava sulla rivista «Emporium» un ritratto del pittore Ettore Tito, definendo sin da subito i motivi - tanto tematici quanto geografici - della sua pittura, legata indissolubilmente alla città di Venezia. 

Originario di Castellammare di Stabia, Tito si stabilisce molto presto in laguna con la famiglia, concludendo precocemente gli studi presso la locale Accademia di Belle Arti, della quale assumerà l’incarico di professore nel 1895, succedendo al suo maestro Pompeo Marino Molmenti. Venezia diventa sin da subito il tema prediletto della sua pittura descritta nelle sue calli e nei suoi scorci cittadini animati dai propri abitanti, che gli garantiscono un immediato successo di critica e pubblico, anche internazionale. A questi affianca anche una produzione di natura più allegorica e letteraria, apprezzata sia in Italia che all’estero, dove è presente con continuità soprattutto nelle rassegne di area austrotedesca e inglese. 

Diviso tra il naturalismo di soggetto lagunare e la pittura di composizione simbolica, Tito ottiene il suo primo grande successo come ritrattista con il dipinto L’amazzone: un ritratto a figura intera della moglie Lucia Velluti, presentato nel contesto della sua mostra personale organizzata all’esposizione di Milano del 1906. Influenzato dai modelli stranieri, in particolare da John Lavery, John Singer Sargent, James Abbott McNeill Whistler (ma anche dallo stesso Giovanni Boldini), conosciuti nel contesto delle biennali veneziane, Tito affronterà sempre più di frequente il genere del ritratto, spinto soprattutto dalle innumerevoli richieste ricevute dalla borghesia italiana e straniera residente a Venezia. 

In Ritratto di donna la figura femminile di profilo, con la capigliatura rossiccia e il naso aquilino (soggetto muliebre ricorrente nella produzione di Tito)2, avvolta nel tradizionale zendado veneziano, s’inscrive in una serie di soggetti figurativi realizzati a Venezia intorno al 1905 e mostra alcune affinità con opere quali Riflessi azzurri (1906) e Chioggiotta (1907), appartenenti entrambi alle raccolte degli industriali genovesi Frugone3. D’altronde, il motivo della donna veneziana, borghese ma anche popolana, che qui si staglia di fronte a un malinconico paesaggio marino, altro non era che la riproposizione di un soggetto che otteneva contestualmente la sua notorietà in ambito letterario, trasmesso nelle seducenti e fortunate pagine dello scrittore americano Henry James, dal 1869 assiduo frequentatore di Venezia. Come ricordato dalla stessa Sarfatti, a essere apprezzata nella pittura di figura di Tito era soprattutto la capacità di rendere con vividezza i propri soggetti, concedendo talvolta spazio anche alle distorsioni formali, utili a una restituzione impressionistica dei propri personaggi: «Le sue figure» sottolineava la Sarfatti «non sono mai composte in fredda rigidità di attitudini. Anzi, nel prepotente bisogno di cogliere la vibrazione stessa del movimento, la irruente foga della ricerca gli prende talvolta la mano [...], alterando insomma in qualche guisa la correttezza della linea»4

Alessandro Botta 

 

1 Sarfatti 1905, p. 251.

2 Il soggetto femminile sembra essere il medesimo del ritratto Vento, descritto nel 1905 da Margherita Sarfatti con le parole: «Magnifica rossiccia testa di donna, piena di carattere nei grandi occhi e nel naso leggermente aquilino: due spanne di tela, e apparentemente quattro pennellate di sfondo, eppure lo stesso soffio impetuoso che contorce intorno a quel capo l’aureola d’un fazzoletto bianco, fa pur correre e balenare, sopra a lei nel cielo, dietro a lei nell’acqua l’onda e le nubi, e le piega in curvature possenti per l’irruenza del volo» (Sarfatti 1905, p. 262). Ritratto di donna è proposto dall’artista anche in una prova di formato minore, conosciuta unicamente attraverso una riproduzione fotografica; si veda Enrico, Maspes 2020, p. 282, n. 156.

3 Relativamente ai Frugone collezionisti di Ettore Tito si veda M. F. Giubilei, Passioni da collezionisti e mercanti: i Tito delle Raccolte Frugone di Genova, in Venezia 1998, pp. 57-64.

4 Sarfatti 1905, p. 259.