Piccolo evangelista (Santone [col libro stretto al petto])
Luigi Spazzapan
1950
Tecnica mista su masonite
31 x 24 cm
Anno di acquisizione ante 1983
Inv. 0180
N. Catalogo A174
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«Nei Santoni o Eremiti [...] Spazzapan è suggestionato dall’astrazione bizantina o primitiva (alla Rufino Tamayo) dell’“icona”. [...]»
«Fra avanguardia e tradizione, tra disegno e colore, tra pittura e illustrazione, tra figurativo e no - infine tra successo e rifiuto»1. Le contraddizioni formulate da un critico (e artista) attento come Albino Galvano, in un suo saggio del 1960, ben esemplificano la difficoltà di collocare l’opera di Luigi Spazzapan all’interno del panorama più vasto della pittura italiana; prospettiva entro la quale egli rappresenta un’anomalia sicuramente non scontata, determinata proprio da una varietà di linguaggi pittorici e approcci figurativi giocati su continue opposizioni («un’antinomia [...] - scrive ancora Galvano - che è un capitolo essenziale della storia dell’arte a Torino non solo in questo dopoguerra»)2. Trasferitosi a Torino da Gradisca d’Isonzo nel 1928, dopo un’esperienza maturata nell’ambito del Futurismo giuliano, Spazzapan si ritrova sin da subito immerso nel vivace clima cittadino, animato in quegli anni dal gruppo dei «Sei di Torino» e dai suoi promotori Edoardo Persico e Lionello Venturi, con i quali stringe immediatamente un profondo sodalizio professionale e intellettuale. Dotato di una particolare facilità grafica, che lo porterà anche a ricoprire l’incarico di illustratore per il quotidiano «Gazzetta del Popolo», Spazzapan dipinge per tutti gli anni trenta secondo un linguaggio postimpressionista, senza però condividerne pienamente la matrice naturalistica, preferendo una sintesi figurativa più libera e personale, formata soprattutto sul dato mnemonico3. Una presenza in città, la sua, che si renderà ancora più esplicita dopo la Seconda guerra mondiale, non soltanto come punto di riferimento per le giovani generazioni (quasi a rappresentare, col suo temperamento eccentrico, un’alternativa eterodossa all’algida figura di Felice Casorati), ma altresì in qualità di organizzatore culturale. Nel 1947, insieme a un gruppo di artisti e letterati (tra i quali figurano lo scultore Umberto Mastroianni, il pittore Mattia Moreni e l’architetto Ettore Sottsass jr.), Spazzapan organizza il «Premio Torino», un’iniziativa espositiva finalizzata alla diffusione delle tendenze artistiche italiane più avanzate. Proprio intorno alla fine degli anni quaranta Spazzapan è affascinato dai temi di carattere religioso, che si risolvono in una serie di opere destinate a raffigurare personaggi o motivi desunti direttamente dall’ambito sacro (quali Santoni, Eremiti, Evangelisti, così come il gruppo dedicato ai Crocifissi), restituiti attraverso una rappresentazione corsiva fortemente antinaturalistica, fatta di scelte cromatiche ardite, in bilico tra figurazione e linguaggio astratto. Giudicata molto spesso come un momento transitorio anche poco felice del suo percorso - che anticipa la liberazione verso la forma astratta degli anni cinquanta4 - la serie dei «santoni» (che, per estensione, include lo stesso Piccolo evangelista qui in esame) trova una più attenta lettura a partire dalla fine degli anni ottanta, indirizzata soprattutto a esaltarne la valenza simbolica e la radice arcaica. Nel 1989, Maurizio Calvesi afferma a proposito di questi cicli:
«Nei Santoni o Eremiti [...] Spazzapan è suggestionato dall’astrazione bizantina o primitiva (alla Rufino Tamayo) dell’“icona”. I capelli attorno al volto rotondo dei santoni, l’aureola intorno al volto del Cristo, replicano il magnetico motivo del sole, che appare infatti talvolta nel fondo [...]. Nasce così un’immaginemandàla, che tuttavia inietta l’irradiante fissità del mandàla di una tragica tensione espressionistica di linee convulse o uncinate»5.
Presentata con grande probabilità alla Galleria del Grifo già nel 1952, nel contesto di un’esposizione dedicata alla pittura sacra (genere che proprio in quegli anni vive di una particolare rivalutazione e fortuna)6, Piccolo evangelista risulta presente nelle maggiori esposizioni retrospettive organizzate a qualche anno di distanza dalla morte del pittore. Oltre alle importanti mostre di Ivrea e Torino del 1960, l’opera verrà esposta alla grande antologica allestita alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino nel 1963, indicata nell’occasione come appartenente alla collezione personale del gallerista Mario Tazzoli.
Alessandro Botta
1 Galvano 1960, p. 60.
2 Ibid, p. 61.
3 Spazzapan confidava all’amico Velso Mucci: «Se guardo le cose mentre dipingo mi frego, perché corro stupidamente dietro all’oggetto e perdo la pittura. E io non son proprio niente impressionista. Ora m’accorgo, devo fare come per i disegni, che mi servivo unicamente della memoria e sulla carta vuotavo l’oggetto mio, quello che si era formato dentro di me» (Mucci 1963, p. 6).
4 Lionello Venturi, nel 1960, scriveva a proposito di questa stagione di pittura: «Intorno al 1950 Spazzapan è attratto da scene religiose, che possono aiutare a suggerirgli motivi trascendenti e misteriosi. [...] inizia la serie dei “Santoni”, vari di qualità, alcuni creati con animo serio, altri per satira, altri per gioco, tutti per dare un contenuto estroso, un dinamismo vitale, a forme astratte. [...] Alcune di queste pitture di Santoni sono ben riuscite, ma la direzione che aveva condotto ad esse non era felice. Rimaneva quasi incolmabile il contrasto dell’astratto e della violenza del reale, né il colore intenso poteva bastare a superare il contrasto. Spazzapan ebbe coscienza di questo: il suo desiderio del pittorico e il suo desidero della forma geometrica potevano essere esauditi non con la loro giustapposizione ma con qualcosa di nuovo e di mai visto» (Venturi L. 1960, p. 74).
5 M. Calvesi, Spazzapan incendiario, in Gradisca-Torino 1989, p. 13.
6 Un’etichetta, posta sul verso del dipinto, testimonia il suo passaggio presso la galleria torinese del Grifo. In particolare, Piccolo evangelista potrebbe esser stato presentato all’esposizione «Opere di artisti torinesi alla IIa Biennale d’arte sacra di Novara» del febbraio 1952, organizzata quattro mesi dopo la mostra d’arte sacra di Novara. Oltre all’appuntamento del 1951, Spazzapan è presente alla biennale novarese anche nella successiva edizione del 1954.
