Mosé trasforma il bastone di Aronne in un serpente
Gaspare Diziani
1730 c.
Olio su tela
79 x 95 cm
Anno di acquisizione post 1993
Inv. 0815
N. Catalogo B1
Provenienza
Il dipinto è costruito con un’attenta orchestrazione luministica, da esperto scenografo teatrale quale in effetti Diziani fu [...].
Giunto nella Collezione Cerruti con un’attribuzione a Sebastiano Ricci, il dipinto deve essere ricondotto all’arte del principale allievo di questi, anch’egli bellunese, Gaspare Diziani. Un pittore che, partendo dalla lezione del grande protagonista della trasformazione dell’arte veneziana a cavallo tra i secoli xvii e xviii, propose una propria interpretazione originale della grande pittura di storia e decorativa, capace di renderlo estremamente popolare presso l’aristocrazia veneziana ed europea. La tela che, viste le dimensioni, fu verosimilmente concepita per la committenza privata e come quadro da stanza, rappresenta un celebre episodio biblico, nel quale Mosè trasforma il bastone di Aronne in un serpente (Esodo 7,8-13) dinnanzi al faraone. Riguardo all’attribuzione del dipinto, non lasciano dubbi la costruzione delle figure, dal caratteristico andamento angolare, spigoloso, il tratto spezzato e la luce balenante a sprazzi, su tinte acidule e accordi cromatici talora un poco aspri. Anche i tipi fisiognomici conducono alla medesima conclusione, sollecitando confronti con alcuni dei protagonisti più tipici della produzione dizianesca. Il dipinto è costruito con un’attenta orchestrazione luministica, da esperto scenografo teatrale quale in effetti Diziani fu, avendo collaborato ad esempio con Alessandro Mauro a Dresda nel 1717 e poi ancora a Venezia e probabilmente a Roma per la cerchia del cardinale Ottoboni. Ma l’abile regia luminosa fa tesoro anche della lezione di Tintoretto, artista al quale, in modo abbastanza imprevedibile rispetto alle tendenze più comuni della pittura veneta del Settecento, sicuramente Diziani guardò, adottandone la maniera «risoluta e veloce», come colto anche dai suoi contemporanei1. L’ambientazione architettonica, con i fondali illuminati dello sfondo, riprende una consuetudine compositiva messa in opera più volte da Diziani durante la sua attività, che si può rintracciare nelle opere di maggiore impegno, come ad esempio nel Giuseppe spiega i sogni al Faraone di Aschaffenburg (Germania)2.
Dal punto di vista della datazione non pare improprio pensare a una collocazione abbastanza giovanile nel percorso dell’attività del maestro, ancora per certi versi influenzato dalle prove tardo-barocche di Sebastiano Ricci. Il suo linguaggio appare infatti ancora caratterizzato da forti chiaroscuri seicenteschi e meno indirizzato verso una pittura di tocco e di stampo maggiormente rococò. Un avvicinamento a prove degli anni venti, come ad esempio all’Estasi di san Francesco della chiesa di San Rocco a Belluno (del 1727), appare in questo senso probabile.
Denis Ton
1 Da Canal 1809, p. XXXV.
2 Si veda Zugni-Tauro 1971, p. 61.
