Madonna col Bambino
Maestro della Santa Caterina Gualino
1320-1330 c.
legno intagliato e dipinto
136 x 40 x 34 cm
1
Anno di acquisizione 2003
N. Catalogo A595
Inv. 0680
Provenienza
Sono nel complesso buone le condizioni della Madonna col Bambino, nonostante una generalizzata presenza di danni causati dall’azione di insetti xilofagi, di abrasioni e cadute di colore e di alterazioni dei preziosi materiali (in particolare delle lamine metalliche utilizzate per impreziosire gli abiti dei personaggi); a ciò va aggiunta la perdita del pollice della mano sinistra della Vergine. Il gruppo è ancorato a un fondale dipinto che risulta tagliato nella parte alta e che, un tempo, doveva essere corredato da ante laterali, come indicano chiaramente i perni ancora visibili lungo i bordi di tale supporto. In origine, dunque, i sacri protagonisti dovevano stare al centro di un tabernacolo a sportelli, probabilmente dotati anch’essi di una decorazione pittorica.
L’ingresso dell’opera in Collezione Cerruti risale ai primi anni duemila. Ancora nel febbraio 2003 essa si trovava a Firenze, dove fu presentata a un’asta Semenzato con una corretta attribuzione al «Maestro della Santa Caterina Gualino», che, per quel che mi risulta, non è stata poi registrata nella letteratura sull’argomento. Il riconoscimento e il battesimo di questo anonimo artefice operoso nei primi decenni del Trecento spettano a Giovanni Previtali, che se ne occupò nell’ambito delle sue ricerche sulla scultura dell’Italia centrale, grazie alle quali poté far luce sulla produzione artistica di quel peculiare contesto geografico e culturale che, in età medievale, comprendeva l’Umbria meridionale, l’Abruzzo e le Marche1. Lo studioso ricostruì l’attività del «Maestro» in diversi contributi editi tra gli anni sessanta e gli anni ottanta del Novecento, riunendo un coerente nucleo di intagli attorno a una pregevole Santa Caterina lignea già appartenuta alla prestigiosa collezione del torinese Riccardo Gualino, e oggi, dopo un passaggio fiorentino, presso il mercante Carlo De Carlo2, in una raccolta privata. Al netto di lievi e naturali inflessioni qualitative, questa famiglia di sculture è caratterizzata da un’estrema coerenza stilistica e iconografica, e conta oggi un cospicuo numero di esemplari variamente distribuiti tra edifici sacri e raccolte pubbliche e private, in Italia e all’estero. Caratteristica, nella scultura Cerruti come nelle altre, è l’adozione, per le figure, di un modulo allungato quasi all’inverosimile, di fisionomie puntute, di volti ovali e affusolati sostenuti da colli lunghi degni di Modigliani; altrettanto tipica è la loro rispondenza a un canone figurativo dal forte gusto arcaizzante, che contribuisce a farne dei simulacri in equilibrio perfetto tra sacrale eleganza e feriale umanità. Strettissimo è poi il rapporto tra il lavoro di intaglio e la finitura cromatica, che, laddove si è conservata, si rivela sempre di grande finezza. Ne è un ottimo esempio l’opera Cerruti, splendente di una policromia antica, apprezzabile soprattutto nei volti, che ricorda da vicino quella dell’esemplare eponimo della serie. Ma le prossimità con la Santa Caterina Gualino si possono misurare anche nell’articolazione dei panneggi, solidamente costruiti con pieghe che incidono il legno in profondità e creano linee acute e geometrizzanti. Ulteriori confronti si possono instaurare con la Madonna col Bambino approdata al National Museum of Scotland di Edimburgo3, con quella della chiesa di San Giovenale a Logna di Cascia (Perugia)4 e con un esemplare già De Carlo5, così come, in Abruzzo, con le Vergini del Palazzo vescovile di Teramo, della chiesa di Santa Maria di Brecciano di Villa Brozzi (Montorio al Vomano, Teramo) e con quella già a Sant’Angelo Abbamano presso Sant’Omero, nella chiesa di San Michele (nel Teramano, ora al Museo Nazionale di L’Aquila)6. Accertata la validità della proposta attributiva, resta da precisare la cronologia della scultura Cerruti. In occasione dell’asta Semenzato, infatti, essa veniva presentata come l’esemplare più antico del catalogo del «Maestro», e datata ancora alla fine del XIII secolo. Come è stato più volte evidenziato, tuttavia, l’attività di questo scultore è da scalare più plausibilmente già nella prima metà del Trecento, e questo si direbbe l’orizzonte cronologico più adatto in cui collocare anche la nostra Madonna. Ad avallare uno slittamento in avanti della datazione della scultura, infatti, è la maturità di un linguaggio che ormai padroneggia il repertorio gotico, sul fronte tecnico, con la scelta, non scontata, di ornare con dei punzoni la bordatura dei manti, così come su quello espressivo, come si rileva ad esempio nella credibile naturalezza con cui il Bambino si aggrappa al braccio della madre. In una simile direzione indirizzano anche i dati ricavabili dalla moda, e in particolare la foggia della veste della Vergine, caratterizzata da una discreta scollatura, che, decisamente poco opportuna in apertura del XIV secolo, sarebbe invece parsa à la page nel terzo e o nel quarto decennio.
[Federica Siddi]
1 Previtali 1965, pp. 16-25; Id. 1966, pp. 51-53; Id. 1976, pp. 34-41; Id. 1984, pp. 36-41 (tutti riediti in Previtali 1991, pp. 5-15; 40-44; 73-80; sulla figura di Previtali si tenga presente ora Galansino 2014). Senza pretesa di completezza, per ulteriori riflessioni sul «Maestro» e integrazioni al suo catalogo si vedano anche E. Carli, Per il «Maestro della Santa Caterina Gualino», in Studi in onore di Giulio Carlo Argan 1984, pp. 59-63; Bergamo 1987, pp. 175, 176; R. Bartalini, in Torino 1988a, pp. 91-96; M. Lucco, in Consigli 1993, pp. 18-21. Tra i contributi più recenti, senza tuttavia riferimenti alla nostra scultura, si segnalano Fachechi 2011, pp. 26, 27; cat. 3, pp. 75-76; Delpriori 2015, p. 181, nota 44; E. Zappasodi, Ricezione assisiate nelle Marche. Il Maestro del polittico di Ascoli, in Cleri, Minardi 2017, p. 224.
2 A. Tartuferi, cat. 9, in Firenze 2001, p. 48.
3 Riconosciuta in prima battuta da Giovanni Romano e discussa poi da Previtali 1984, pp. 36-41. L’opera è stata di recente restaurata: D.de Bellaigue et al., Revealing the Archetype: The Journey of a Trecento Madonna at the National Museum of Scotland, in Bridgland 2017, pp. 1-8.
4 Previtali 1984, pp. 36-41.
5 A. Tartuferi, cat. 10, in Firenze 2001, p. 49.
6 Per gli intagli abruzzesi, si vedano L. Arbace, catt. 13, 14, in Trento 2010-2011, pp. 90-95; L. Arbace, catt. 13, 14, in Rimini 2011, pp. 90-95.