La Seducente (Enrichetta) (Testa di donna)
Giacomo Balla
1902
pastello su carta
45x 36 cm (senza cornice);
51x 47,5x 2,4 cm (con cornice)
Anno di acquisizione 1982
N. Catalogo A62
Inv. 0070
Provenienza
«È pure di quei tempi - scrive la figlia del pittore, Elica - la stupenda testa di giovinetta eseguita nello studio dello scultore Prini: questa bellissima fanciulla era la nipote dello scultore e l’artista colse quella superba espressione di giovinezza velocemente e profondamente dipingendo con polvere di mattoni del pavimento mista al pastello bianco e nero. Semplice e vasto di visione, il collo e il volto di una modellatura perfetta; seppur monocromo, questo pastello, con appena la tinta calda del mattone, è vivo e affascinante come se avesse i colori della giovinezza».
Giacomo Balla, che diverrà uno dei fondatori del movimento futurista, inizia la sua carriera di pittore nella temperie divisionista, sviluppando un’attenzione per la resa luminosa che conserverà anche nella produzione successiva. Nel 1855 si trasferisce dalla natia Torino a Roma, città in cui nella sua pittura diventano protagoniste opere dedicate al paesaggio urbano e a tematiche di natura sociale in cui il suo sguardo oscilla tra una neutralità fotografica e un sentimento tragicamente umano. Ma oltre a tali orientamenti pittorici nei primi anni del Novecento Balla è un affermato pittore di ritratti, ne dipinge molti, immortalando personaggi in vista del mondo borghese e aristocratico, ma anche giovani colleghi, amici e persone a lui vicine. Il genere del ritratto diventa per Balla un espediente per spingersi nella sperimentazione delle tecniche pittoriche.
Con l’intento di catturare la mobilità vibrante della luce in ogni aspetto della realtà, Balla non esita a cambiare spesso registro, spaziando dall’orchestrazione monocroma di ascendenza realista fino alle tinte accese e squillanti delle opere divisioniste.
«È pure di quei tempi - scrive la figlia del pittore, Elica - la stupenda testa di giovinetta eseguita nello studio dello scultore Prini: questa bellissima fanciulla era la nipote dello scultore e l’artista colse quella superba espressione di giovinezza velocemente e profondamente dipingendo con polvere di mattoni del pavimento mista al pastello bianco e nero. Semplice e vasto di visione, il collo e il volto di una modellatura perfetta; seppur monocromo, questo pastello, con appena la tinta calda del mattone, è vivo e affascinante come se avesse i colori della giovinezza»2.
La modernità della composizione, al pari dello studio delle luci che restituiscono la plasticità dei volumi del volto e del lungo collo, rivela un forte legame con la fotografia, una passione che Balla eredita dal padre e che coltiva già negli anni della sua formazione torinese, quando, appena ventenne, lavora allo Studio di Pietro Paolo Bertieri. Il fotografo, molto apprezzato in Italia e all’estero, era celebre per la modernità dei suoi ritratti fotografici, in cui l’individualità delle figure veniva rivelata con il solo strumento della luce, sostituendo alla consuetudine degli allestimenti scenografici delle ambientazioni scenari scevri da elementi ridondanti.
Di quest’esperienza Balla farà tesoro nei suoi ritratti, ricorrendo in maniera simile alla luce come protagonista assoluta della qualificazione estetica e psicologica dell’immagine.
Questo pastello ne è un esempio: la luce che entra da sinistra fa emergere dal fondo scuro il volto leggermente scorciato della donna, che offre il suo lungo collo candido, in una posa inconsueta, acerba e innocente, e che valse al ritratto l’appellativo di «Seducente» da parte del suo primo proprietario, l’architetto Garibaldi Burba, amico di Balla.
Ma il legame con la fotografia è evidente anche in quel senso di moto che scaturisce dalla modellazione della luce, quasi a descrivere un accenno vibrante e dinamico che pervade la figura, sottolineato inoltre dai segni veloci del pastello bianco che partono dalla veste e si diramano sul collo e sul volto.
A evidenziare ancor di più l’aspetto non convenzionale della composizione contribuisce anche la cornice realizzata dall’artista. Un espediente ricorrente nell’opera di Balla3, che interpreta la cornice non come elemento di semplice contenimento dell’immagine, ma come parte integrante dell’opera stessa. In questo caso la curvatura in alto a destra accompagna la rotondità del capo, mettendo in evidenza la posa decentrata e controbilanciando la linea sinuosa del collo.
La firma posta in basso a sinistra è un ulteriore esempio di come Balla rompa ogni schema: le lettere si susseguono in verticale entro un piccolo rettangolo quasi si trattasse di un’etichetta. Non un dettaglio casuale quindi, ma un elemento intenzionale, reso evidente anche dall’aver lasciato intatta, in quella piccola porzione di spazio, la superficie della carta.
[Zelda De Lillo]
1 Come attesta una comunicazione orale di Liliana De Matteis, l’opera fu acquistata da Cerruti presso la Galleria Martano il 30 novembre 1982 (e-mail di Liliana De Matteis a Fabio Cafagna, 12 marzo 2019).
2 Balla 1984, p. 99.
3 Per un approfondimento sull’importanza della cornice nelle opere di Balla, si veda E. Gigli, Futur-cornice, in Milano2008b.