La Ciociara
Gino Severini
1918
Olio su cartone applicato su
tela
28 x 21,5 cm
Inv. 0175
N. Catalogo A168
Provenienza
Bibliografia
Nonostante la riduzione della figura in termini quasi astratti, Severini non manca di conferire una certa riconoscibilità alla figura della «ciociara», mantenendo alcuni caratteri tipici dei costumi della tradizione [...]
Appartenente alla stagione in cui Gino Severini sperimenta il Cubismo sintetico, dopo aver militato attivamente per anni tra le fila del movimento futurista marinettiano, La Ciociara mostra alcuni caratteri peculiari di questa sua nuova fase artistica, riconoscibili nonostante la limitata dimensione di studio. L’opera, infatti, altro non è che il bozzetto per un dipinto maggiore, molto vicino nel soggetto alla prova in esame, realizzato sempre nel 1918 (più precisamente nel mese di marzo) con il medesimo titolo (fig. 1)1.
È a partire dal 1916 che Severini mette in atto un progressivo allontanamento rispetto alla compagine futurista, avvertibile tanto nella sua rarefazione agli eventi di gruppo quanto nei termini lirici della sua pittura, esplicitati parallelamente in alcuni contributi teorici pubblicati in quel giro di anni. Abbandonato il dinamismo plastico e le ricerche futuriste, Severini sperimenta una sintesi figurativa fortemente geometrizzante, giocata su forme semplici e quasi astratte, secondo un processo costruttivo che richiama le modalità già impiegate nei suoi papiers collés del periodo. Questo cambiamento segna una svolta nel mercato delle sue opere, in particolare rispetto alla presenza ch’egli ha nella scena espositiva parigina. È infatti proprio nel 1916 che Severini entra a far parte, seppur ancora non ufficialmente, nella scuderia del mercante Léonce Rosenberg, affiancando il suo nome a quelli dei più noti pittori cubisti, tra i quali Jean Metzinger, Georges Braque e Juan Gris.
Nel bozzetto della Collezione Cerruti, Severini sceglie di interpretare il motivo della «ciociara», la tipica ragazza contadina proveniente dalla Ciociaria (territorio del Lazio a sudest di Roma, sovente identificato con la provincia di Frosinone) abbigliata con i caratteristici e sgargianti costumi locali. L’elaborazione del motivo, di cui il bozzetto rappresenta la prova più vicina al dipinto definitivo, è testimoniata da una ulteriore serie di disegni (originariamente appartenenti a un unico taccuino), che mostrano una progressiva semplificazione dei valori descrittivi del soggetto sino all’esito finale, declinato in chiave ormai perentoriamente geometrica, privo di qualsiasi riferimento spaziale2. Nonostante la riduzione della figura in termini quasi astratti, Severini non manca di conferire una certa riconoscibilità alla figura della «ciociara», mantenendo alcuni caratteri tipici dei costumi della tradizione: la collana, l’ampia camicia a sbuffo, il corpetto e lo zinale, particolare grembiule decorato con strisce di stoffa dai motivi geometrici o floreali. Come più volte sottolineato negli studi precedenti, tra il 1917 e il 1918 Severini sembra guardare con attenzione ai lavori più recenti di Picasso, soprattutto a quelli realizzati durante il soggiorno dell’artista a Roma, nella primavera del 1917. Un interesse che Severini rievoca retrospettivamente nelle sue memorie, ricordando l’incontro con alcune opere del pittore spagnolo rientrato nel frattempo a Parigi: «Picasso mi mostrò al suo ritorno diverse cose e soprattutto una grande tela [si tratta del noto dipinto realizzato a Roma Arlequin et femme au collier] fatta in uno spirito molto lineare, forme a due dimensioni, di una limpidezza estrema, [...] di una poesia pittorica giunta al massimo della trasposizione e dell’astrazione»3.
Fig. 1. G. Severini, La Ciociara, 1918, olio su tela. Collezione privata.
Oltre a recepire le sperimentazioni formali, Severini pare incuriosito dalle stesse scelte tematiche della pittura picassiana. Il bozzetto della Ciociara, così come il dipinto definitivo, presenta infatti numerose affinità con L’Italienne (fig. 2)4, opera che l’artista spagnolo realizza sempre durante il suo periodo di permanenza romana.
Appartenuta all’amico di Severini Louis Raymond, come indicato nella dedica autografa visibile sul recto, l’opera entra nella raccolta di Francesco Federico Cerruti dopo la metà gli anni novanta5. È corredata da un’autentica della figlia dell’artista Gina Severini Franchina, una copia della quale è ancora conservata nell’archivio del collezionista6.
Alessandro Botta
1 Si veda Fonti 1988, p. 272, n. 311.
2 Ibid., pp. 272-273, nn. 311B-E, G.
3 Severini 1968, p. 20.
4 Il dipinto è attualmente conservato presso la Collezione Bührle di Zurigo.
5 Al 30 giugno 1993, La Ciociara non è infatti menzionata tra le opere presenti in collezione elencate nell’Inventario dei mobili, dipinti, sculture, argenti, tappeti, maioliche, porcellane e oggetti d’arte che si trovano nella villa di Rivoli alla data del 30-06-1993 (Archivio Collezione Cerruti).
6 Autentica di Gina Severini Franchina, sul retro della riproduzione del dipinto La Ciociara; 12 giugno 1984, con integrazione manoscritta del 23 aprile 1985 (Archivio Collezione Cerruti).
Fig. 2. P. Picasso, L’Italienne, 1917, olio su tela. Zurigo, Collezione Bührle.


