Ebla

Giulio Paolini

1976-1977
Collage su tavola dipinta a olio
99 x 89 cm
Anno di acquisizione 1984-1993


Inv. 0228
N. Catalogo A218


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Le opere Ebla sono realizzate come tavole dipinte a olio a imitazione del marmo, dalle cui venature emergono piccoli frammenti fotografici a colori, descritti da Paolini quale «anima preesistente nella materia destinata a rivelarsi come opera». 

 

Le opere di Giulio Paolini sono come specchi attraverso i quali l’arte riflette su se stessa, sulle proprie strutture materiali e teoriche. Dagli esordi, Paolini riconosce l’opera come parte di una serie infinita, che include quelle che la precedono e prefigura quelle che seguiranno, definendo l’artista quale contemplatore privilegiato. La sua prima opera documentata è Disegno geometrico, 1960. Definito da Paolini come «un quadro che annuncia ma non si compie»1, consiste in una tela di iuta grezza, dipinta con bianco di zinco mescolato a vinavil sulla quale egli agisce con inchiostro di china nero e rosso. Come riferito a Germano Celant nel 1972, il lavoro consiste nella «scelta di copiare su una tela, nella giusta proporzione, il disegno preliminare di qualsiasi disegno, cioè la squadratura geometrica della superficie»2. «La ricerca - aggiunge ancora l’artista nel 1973 - è tesa verso immagini assolute, inerenti alla natura stessa della tela e all’impiego di una tecnica elementare: colori a tempera, inchiostri ecc. (la squadratura geometrica della superficie pittorica, la campitura monocroma, il ricalco di una carta quadrettata, il disegno di una lettera, una scala cromatica)»3. L’attenzione alle basi materiali del fare artistico si estende agli spazi ad esso peculiari, come l’atelier e il luogo espositivo, museo o galleria, quali condizioni attraverso le quali l’arte si realizza e si mette in scena. Logicamente, nel lavoro di Paolini ricorrono citazioni: alimentando un ciclo inesauribile, così come riposiziona le proprie opere in nuovi contesti, l’artista utilizza frammenti estratti dal grande catalogo della storia dell’arte, identificando il tempo quale situazione sospesa che si compie in un rinnovato presente. Le tematiche indagate da Paolini lo pongono tra gli anticipatori delle ricerche promosse in ambito concettuale a livello internazionale, e la sua radicalità lo distingue tra i pionieri del gruppo dell’Arte povera. Nella Collezione Cerruti sono presenti due opere dell’artista: Ebla (1976-1977) e L’arte e lo spazio. Quattro illustrazioni per uno scritto di Martin Heidegger (3) (1983). 

Ebla è parte di un gruppo di lavori intitolati con il nome di un’antica città della Siria settentrionale il cui significato corrisponde a «roccia bianca», in riferimento alla conformazione geologica del terreno circostante. A lungo dimenticata e sepolta, a partire dal 1975 la città fu oggetto di importanti scavi condotti da missioni archeologiche italiane. La notizia stimolò la curiosità di Paolini, portandolo a mettere in relazione l’idea di ritrovamento con il noto pensiero di origine michelangiolesca in base al quale il marmo già contiene le forme che la mano dell’artista libererà. 

Le opere Ebla sono realizzate come tavole dipinte a olio a imitazione del marmo, dalle cui venature emergono piccoli frammenti fotografici a colori, descritti da Paolini quale «anima preesistente nella materia destinata a rivelarsi come opera»4. Eseguita da un artigiano specializzato, la marmorizzazione rievoca una tecnica già conosciuta nell’antica Roma e soprattutto nel primo stile della pittura pompeiana, detto a incrostazione, dove era usata per abbellire gli ambienti interni senza ricorrere al più costoso marmo. Le opere Ebla si distinguono l’una dall’altra per il colore della marmorizzazione, la posizione dei particolari fotografici e i loro relativi soggetti. Nel caso dell’opera in collezione, il finto marmo presenta una predominanza di toni verde-azzurro e gli elementi fotografici sono disposti ai quattro angoli, con altri tre verso il centro della tavola. I frammenti agli angoli sono parte di una fotografia di un ambiente aulico, caratterizzato da superfici e decorazioni marmoree. Al centro della tavola, un ulteriore frammento rivela il particolare di una scultura in marmo bianco posta di fronte a una parete di marmo verde scuro (fig. 1). Sulla parete si scorge un quadro antico, connotato da una patina scura. Identificabili come appartenenti a fotografie di sale e capolavori della Galleria Borghese a Roma, gli specifici frammenti della versione in collezione sono quindi relativi a opere inserite nel loro specifico contesto espositivo5. Come dice l’artista, «simbolicamente, i frammenti lasciano emergere l’idea che dentro un marmo ci sia già lo spiraglio sulla sala di un museo»6

La presenza di Ebla e L’arte e lo spazio, tra le opere più recenti in collezione, documenta l’estensione degli interessi del collezionista fino al periodo contemporaneo. Anche se acquisite da Cerruti senza che Giulio Paolini ne fosse al corrente, queste opere forniscono uno spunto per accennare al cerchio di conoscenze allargato relativo ad alcuni membri delle due famiglie. Agente di commercio per alcune cartiere, il padre dell’artista, Angelo Paolini, era in contatto lavorativo con gli uffici della Lit e si recò più volte personalmente da Cerruti. In breve «la genovesità», come ricorda Paolini riferendosi alle comuni origini liguri, trasformò il rapporto lavorativo in una conoscenza più stretta, a sua volta stimolando un’amichevole frequentazione tra la madre del ragioniere e quella dell’artista, senza però arrivare a coinvolgere direttamente artista e collezionista7

Marcella Beccaria

 

1 G. Paolini, (scritto inedito), 2003, in Milano 2003a, p. 261.

2 Celant 1972, p. 15. Su Disegno geometrico si veda anche Belloni 2019. L’autore riconduce l’opera a una tavola grafica del manuale tecnico di Cesare Torricelli Disegno Geometrico eGeometria Grafica (pp. 27 e sgg., Torino 1943) presente nella biblioteca dell’artista ed ereditato dal fratello Cesare.

3 G. Paolini, Note di lavoro, in Milano 2003a, p. 38.

4 Da una conversazione tra l’artista e M. Disch, ottobre 2001, in Disch 2008, p. 365.

5 Sono grata a Fabio Cafagna per l’individuazione dei soggetti fotografati che includono il David, 1623-1624, di Gian Lorenzo Bernini, Mosè che infrange le tavole della Legge di Guido Reni e dettagli della Sala di Enea e Anchise e di quella che ospita l’iconica Paolina Borghese di Antonio Canova.

6 Conversazione con l’artista, Torino, 3 settembre 2020.

7 Conversazione con l’artista, Torino, 3 settembre 2020. Paolini ricorda di essersi recato all’inizio degli anni duemila a Villa Cerruti per visitare la collezione in compagnia di Ida Gianelli. Si ringraziano Bettina Della Casa, Studio Giulio Paolini, e Maddalena Disch, Fondazione Giulio e Anna Paolini, per le preziose informazioni fornite. 

Fig. 1. G. Paolini, Ebla, 1976-1977, collage su tavola dipinta a olio, particolare.