Composizione metafisica (Natura morta) (Piani)

Giorgio de Chirico

1916
Olio su tela
33 x 25,2 cm
Anno di acquisizione 1983-1986 1985-1986


Inv. 0098
N. Catalogo A90


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

«L’aspetto di Ferrara, una delle città più belle d’Italia, mi aveva colpito; ma quello che mi colpì soprattutto e m’ispirò nel lato metafisico nel quale lavoravo allora, erano certi aspetti d’interni ferraresi, certe vetrine, certe botteghe, certe abitazioni, certi quartieri, come l’antico ghetto, ove si trovavano dei dolci e dei biscotti dalle forme oltremodo metafisiche e strane.»

 

Nato in Grecia da genitori italiani di origini levantine, Giorgio de Chirico ricevette un’educazione classicista sin dall’infanzia, che trascorse ad Atene insieme al fratello Andrea, musicista, scrittore e pittore conosciuto dal 1914 con lo pseudonimo di Alberto Savinio. In seguito alla morte del padre (1905) i fratelli si trasferirono con la madre a Monaco di Baviera (1906-1909) e poi in Italia (1909), dapprima a Milano e poi a Firenze (1910-1911). L’originale immaginario di de Chirico prese vita durante questo periodo di formazione, che incluse visite a Roma e Torino. In esso, ricordi personali trasfigurati attraverso una rilettura della mitologia antica sotto stimoli letterari moderni, in particolare la filosofia di Friedrich Nietzsche, si sovrappongono all’iconografia palinsestica della lunga tradizione classica e alla varietà stilistica del patrimonio italiano e dello storicismo ottocentesco. 

A Parigi tra il 1911 e il 1915 de Chirico entra in contatto con l’avanguardia internazionale grazie al poeta Guillaume Apollinaire, il primo a descrivere la sua pittura come «metafisica». Inizia a teorizzare la propria estetica e, insieme al fratello e ad Apollinaire, elabora il personaggio del manichino, che avrà grande fortuna nel repertorio avanguardistico tra le due guerre. Arruolatisi nell’esercito italiano nel giugno del 1915, de Chirico e Savinio sono stanziati a Ferrara. Mentre mantengono i legami con Parigi attraverso Apollinaire e Paul Guillaume, primo mercante di de Chirico, intessono nuovi e sempre più stretti rapporti con figure di punta del panorama artistico italiano, facendo di Ferrara il centro di sviluppo dell’arte metafisica, che si allarga in movimento. De Chirico, giudicato inadatto alla guerra per motivi di salute, si dedica alla pittura sotto lo stimolo di quella che chiama la città «fatale»: 

«L’aspetto di Ferrara, una delle città più belle d’Italia, mi aveva colpito; ma quello che mi colpì soprattutto e m’ispirò nel lato metafisico nel quale lavoravo allora, erano certi aspetti d’interni ferraresi, certe vetrine, certe botteghe, certe abitazioni, certi quartieri, come l’antico ghetto, ove si trovavano dei dolci e dei biscotti dalle forme oltremodo metafisiche e strane.»1 

L’influenza dell’architettura e dell’atmosfera della città, ma anche della pittura calda e densa della scuola ferrarese, sono visibili già nelle prime tele che de Chirico dipinge nel capoluogo emiliano. 

Composizione metafisica (1916) è uno dei primi tra i 24 interni ferraresi di de Chirico. Il dipinto presenta alcuni motivi tipici: cornici spezzate o squadre (strumenti del mestiere del pittore ma anche dell’ingegnere, professione del padre dei fratelli de Chirico) si accatastano interponendosi a carte geografiche, navali o astronomiche che, come la pittura metafisica, riscrivono il mondo in un loro specifico linguaggio simbolico, per coglierne gli aspetti nascosti e significativi2. Il piccolo formato, condiviso con altri quadri del periodo, era destinato al mercato parigino3. Uno scritto poetico di de Chirico datato gennaio 1916 è dedicato all’astronomo ferrarese Giuseppe Bongiovanni (1877-1918), che aveva inaugurato un osservatorio astronomico in una delle torri del castello estense4. Il nastrino militare nel dipinto è un segno metafisico del passaggio dell’uomo all’età adulta, ma anche, all’opposto, ricordo nostalgico dell’infanzia. Quest’ultimo è un tema centrale nell’arte dei fratelli de Chirico, per i quali l’infanzia ha valore sia psicologico che culturale, rispecchiando l’origine greca non solo propria, ma anche della cultura europea. Scriveva già de Chirico a Parigi intorno al 1912: 

«Rappresentarsi tutto nel mondo come degli enigmi, non soltanto le grandi domande che ci si è sempre posti [...]. Ma comprendere l’enigma di certe cose che sono considerate in generale come insignificanti. Sentire il mistero di certi fenomeni dei sentimenti, dei caratteri di un popolo, arrivare al punto d’immaginarsi anche i geni creatori come cose [...]. Vivere nel mondo come in un immenso museo di stranezze, pieno di giochi curiosi, variopinti, che cambiano d’aspetto, che a volte come bambini piccoli rompiamo per vedere come erano fatti dentro».5

A questo misto di sentimenti personali e simbologia antropologica partecipano i dolci presenti in molte tele del periodo ferrarese. La loro precisa iconografia, strumento proustiano per il ritorno all’infanzia, deriva dalla loro osservazione nelle vetrine delle botteghe di Ferrara, sede allora di una delle più prospere comunità ebraiche d’Italia. 

La provenienza dei tre Interni Cerruti riflette l’evoluzione dei rapporti di de Chirico con il mercato in seguito alla Grande Guerra e alla decisione di stabilirsi in Italia. Nella corrispondenza ferrarese con Apollinaire dell’estate 1916 il pittore dice di lavorare molto e che invierà a Guillaume 11 nuovi dipinti da Ferrara6. Guillaume presenterà precisamente 11 quadri nella mostra estemporanea che dedicherà a de Chirico nel novembre del 19187. Dal discorso che il mercante scrisse per quell’occasione si deduce che tutti i quadri appartenessero al periodo ferrarese8

Composizione metafisica (1916) reca sul retro un’etichetta con il numero «17», che è stata identificata da Maurizio Fagiolo dell’Arco e da Ester Coen come appartenente alla Galleria Paul Guillaume9. Fu acquistato da Albert C. Barnes, biologo americano e artefice dell’omonima fondazione in Pennsylvania, prima del 1926, quando appare in un inventario della Fondazione Barnes come Natura morta10

Silvia Loreti

 

1De Chirico 1962, p. 87.

2Jewell 2004, pp. 42, 43.

3«Vi avevo scritto a proposito delle cornici perché mi sarebbe facile fare dei quadri con quelle misure [...]»: Giorgio de Chirico a Paul Guillaume, 16 settembre 1915, in Venezia 1979, p. 118.

4G. de Chirico, La notte misteriosa (1919), in de Chirico 1985, p. 43.

5De Chirico 1994, pp. 78, 79.

6De Chirico 2008, p. 616.

7Robinson K. 2008, pp. 371-382.

8Ibid., p. 377.

9Fagiolo dell’Arco 1981, p. 64, n. 97; Ferrara 1981b, pp. 303-304, n. 127. Identificato in entrambi i casi sulla base dell’etichetta di Guillaume con Les Jeux terribles, identificazione smentita in Baldacci 1997, p. 323, n. 107, si veda Fagiolo dell’Arco, Baldacci 1982, p. 501, n. 75.

10Still Life (#BF459D). Ringrazio Robin Craren, Curatorial Research Assistant, The Barnes Foundation, per aver fornito la provenienza dell’opera dagli Archivi della Fondazione Barnes.