Campagna con gelsi

Umberto Boccioni

1908
Olio su tela incollata su carta
23 x 40 cm
Anno di acquisizione 1984-1993


Inv. 0076
N. Catalogo A68


Provenienza

Esposizioni

Bibliografia

Dopo il trasferimento a Milano, tra il 1908 e il 1909, come testimoniato dai pensieri annotati dallo stesso Umberto Boccioni sul diario, il paesaggio della campagna lombarda diventa un importante strumento di verifica per affinare la tecnica pittorica e consolidare il senso architettonico dell’opera attraverso la ricerca di una solida impalcatura strutturale della visione. Come a voler cogliere e abbracciare tutti gli aspetti della realtà esteriore per poi trasfonderli in un’altra verità, Boccioni si interroga inquieto sugli insegnamenti appresi da Giacomo Balla, negli anni romani prima del 1906, per una rappresentazione che trasfiguri il dato di natura in una dimensione più universale, meditando inoltre sul fascino della pittura di Gaetano Previati che ora lo pervade. L’artista così affida al diario i suoi pensieri tormentati: 

«Il timore - o meglio la paura - di non disegnare e chiaroscurare e colorire bene (cioè secondo tutto ciò che la coltura la tradizione e l’insegnamento mi hanno inculcato) ecco il grande impaccio a sciogliere le ali. Lo studio costante del vero, la coscienza della mia inferiorità nel riprodurlo in confronto a come lo vedo, il non aver mai lavorato di fantasia fanno sì che le poche idee venutemi sono rimaste lettera morta per la paura di eseguire male. [...] È il terrore della materia che mi soffoca» (25 aprile 1908)1

Con un approccio prospettico, sperimentato già nella Campagna romana del 1903 della Collezione Chiattone (ora Museo Civico di Belle Arti di Lugano), l’artista qui disloca il tracciato sul quale si allineano i lontani profili di caseggiati e fabbriche, sottolineando così il taglio orizzontale del dipinto in una spazialità mossa dalle filanti pennellate di un colore che a tratti si ricompone per infondere la sensazione cristallina di una giornata limpida e tersa nella resa di vivaci effetti luministici. Le tonalità del dipinto sono giocate su inflessioni e accordi freddi, come nella scelta dei verdi e azzurri, rischiarati nel cielo da gradazioni rosacee od oscurati dai bruni dei tronchi e dei riflessi sul prato. Il grande gelso occupa gran parte del dipinto sulla sinistra e, come traiettoria visiva, collega in una diagonale il filare di alberi che lo separa dal piano di fondo. 

Un gruppo importante di dipinti eseguiti nella campagna alla periferia di Milano fu acquistato, oltre che dallo stampatore Gabriele Chiattone con cui Boccioni collaborava attivamente, da Enrico Minetti (1866-1939), personaggio di spicco nell’imprenditoria italiana di fine Ottocento, organizzatore del raduno motoristico di Brescia nel 1896 e del suo circuito di corsa nel 1906, cui l’artista assiste l’anno successivo. Nel diario, in un appunto sotto la data del 24 agosto 1908, Boccioni annota: «Al Cav. Minetti del “Touring Club” via Monforte 46 otto impressioni di paesaggio (tra cui presumibilmente la Campagna con gelsi, N.d.A.). Due a pastello e una marina fatta a Venezia abbastanza studiata. Lire 100»2

L’importante contatto con il «Touring Club» per cui Boccioni realizza una serie di tempere sul tema della caccia alla volpe e dell’automobile avviene a Roma; a Milano dal 1906 il rapporto si riannoda attraverso le figure di Innocenzo Massimino ed Enrico Minetti. Una copertina della rivista mensile dell’associazione (anno XIV, n. 4, aprile 1908) rimane a testimoniare una passione, trasposta poi con il successivo Futurismo, a partire dal 1910, nella spinta a raffigurare l’essenza del dinamismo e della velocità. 

Ester Coen 

 

1 Birolli 1971, p. 304. 

2 Ibid., p. 311.