Interno metafisico (con faro) (Metaphysics II) (La lanterna)(Interno metafisico [con lanterna]) (Natura morta con lanterna)
Giorgio de Chirico
1918
Olio su tela
50 x 38 cm
Anno di acquisizione 1980 c.
Inv. 0820
N. Catalogo B6
Provenienza
Esposizioni
Bibliografia
«Dal punto di vista geografico era fatale che una tale manifestazione cosciente di grande pittura metafisica nascesse in Italia».
Nato in Grecia da genitori italiani di origini levantine, Giorgio de Chirico ricevette un’educazione classicista sin dall’infanzia, che trascorse ad Atene insieme al fratello Andrea, musicista, scrittore e pittore conosciuto dal 1914 con lo pseudonimo di Alberto Savinio. In seguito alla morte del padre (1905) i fratelli si trasferirono con la madre a Monaco di Baviera (1906-1909) e poi in Italia (1909), dapprima a Milano e poi a Firenze (1910-1911). L’originale immaginario di de Chirico prese vita durante questo periodo di formazione, che incluse visite a Roma e Torino. In esso, ricordi personali trasfigurati attraverso una rilettura della mitologia antica sotto stimoli letterari moderni, in particolare la filosofia di Friedrich Nietzsche, si sovrappongono all’iconografia palinsestica della lunga tradizione classica e alla varietà stilistica del patrimonio italiano e dello storicismo ottocentesco.
A Parigi tra il 1911 e il 1915 de Chirico entra in contatto con l’avanguardia internazionale grazie al poeta Guillaume Apollinaire, il primo a descrivere la sua pittura come «metafisica». Inizia a teorizzare la propria estetica e, insieme al fratello e ad Apollinaire, elabora il personaggio del manichino, che avrà grande fortuna nel repertorio avanguardistico tra le due guerre (si vedano sch. pp. 734, 740). Arruolatisi nell’esercito italiano nel giugno del 1915, de Chirico e Savinio sono stanziati a Ferrara. Mentre mantengono i legami con Parigi attraverso Apollinaire e Paul Guillaume, primo mercante di de Chirico, intessono nuovi e sempre più stretti rapporti con figure di punta del panorama artistico italiano, facendo di Ferrara il centro di sviluppo dell’arte metafisica, che si allarga in movimento. De Chirico, giudicato inadatto alla guerra per motivi di salute, si dedica alla pittura sotto lo stimolo di quella che chiama la città «fatale»:
«L’aspetto di Ferrara, una delle città più belle d’Italia, mi aveva colpito; ma quello che mi colpì soprattutto e m’ispirò nel lato metafisico nel quale lavoravo allora, erano certi aspetti d’interni ferraresi, certe vetrine, certe botteghe, certe abitazioni, certi quartieri, come l’antico ghetto, ove si trovavano dei dolci e dei biscotti dalle forme oltremodo metafisiche e strane.»1
L’influenza dell’architettura e dell’atmosfera della città, ma anche della pittura calda e densa della scuola ferrarese, sono visibili già nelle prime tele che de Chirico dipinge nel capoluogo emiliano.
Interno metafisico (con faro) (1918) è una delle ultime tele dipinte da de Chirico a Ferrara prima di lasciare la città per Roma alla fine del 1918. L’opera è una metafora della pittura metafisica come riferimento artistico-culturale simboleggiato dal faro. In un interno dall’improbabile prospettiva e con le consuete squadre, un quadro ci presenta la vista naturalistica di un faro la cui torre ricorda quelle già dipinte da de Chirico a Parigi, ma che si erge qui su una roccaforte medievale simile al castello estense di Ferrara. È probabile che Cerruti associasse la torre nel quadro alla Lanterna di Genova, sua città natale. I biscotti e la girandola sono riferimenti all’infanzia ibrida della cultura europea e dell’autore, nato nella città portuale di Volos. Alla fine del 1918, tuttavia, la pittura metafisica è ormai indissolubilmente legata all’Italia. Morto Apollinaire il 9 novembre, de Chirico, deluso dal mercante Guillaume che solo qualche giorno prima aveva finalmente mostrato le sue nuove tele (senza però offrirgli la personale in cui il pittore tanto sperava), smette di mandare i suoi quadri a Parigi e prepara una mostra a Roma per rivendicare il proprio ruolo fondatore nell’arte metafisica, ormai associata all’Italia come faro geo-culturale: «Dal punto di vista geografico era fatale che una tale manifestazione cosciente di grande pittura metafisica nascesse in Italia»2.
La provenienza dei tre Interni Cerruti riflette l’evoluzione dei rapporti di de Chirico con il mercato in seguito alla Grande Guerra e alla decisione di stabilirsi in Italia. Nella corrispondenza ferrarese con Apollinaire dell’estate 1916 il pittore dice di lavorare molto e che invierà a Guillaume 11 nuovi dipinti da Ferrara3. Guillaume presenterà precisamente 11 quadri nella mostra estemporanea che dedicherà a de Chirico nel novembre del 19184. Dal discorso che il mercante scrisse per quell’occasione si deduce che tutti i quadri appartenessero al periodo ferrarese5.
Interno metafisico (con dolci ferraresi) appartenne al collezionista, artista e curatore britannico sir Roland Penrose, che ebbe un ruolo determinante nell’interpretazione dell’opera di de Chirico in chiave surrealista nel Regno Unito. Documenti pubblicati da Victoria Noel-Johnson c’informano che Penrose acquistò il quadro durante la Seconda guerra mondiale, dopo che venne rinvenuto fortuitamente da un mercante a Londra durante il Blitz (1940-1941)6. La nostra ricerca ha permesso d’identificare il mercante in questione come J. L. Dixon di Long Grove, Seer Green, Beaconsfield, nel Buckinghamshire7. Il dipinto figura nella pubblicazione di James T. Soby del 1955 come proprietà del gallerista Sidney Janis, con misure che però non gli appartengono8. Grazie a Noel- Johnson sappiamo ora che all’epoca il quadro era ancora nella collezione di Penrose, che lo vendette al pittore e collezionista americano William N. Copley nel 19619. Secondo la testimonianza di Annalisa Ferrari questa tela fu acquistata dal gallerista Alain Tarica successivamente al 1983. Interno metafisico (con faro) corrisponde per dimensioni a un Interno metafisico nell’elenco dei quadri lasciati da de Chirico in deposito a Mario Broglio nel novembre del 1921 («38 x 50»; si veda la scheda a p. 738)10. Secondo gli accordi iniziali tra il pittore e Broglio, che stabilivano a un anno la durata del deposito per i quadri invenduti, l’opera fu probabilmente restituita all’artista alla fine del 192211. Due etichette sul retro, una recante la scritta «Metaphysics II, 1914», ne attestano la presenza nella galleria newyorkese di Julien Levy, dove de Chirico tenne un’importante mostra nel 1936, in occasione della quale fece un lungo soggiorno negli Stati Uniti12. Uno dei libri contabili della galleria (1938-1978) ci ha permesso di stabilire che l’opera, recante sul retro, a matita, il numero d’inventario di de Chirico («86»), fu lasciata in deposito a Levy al momento della partenza dell’artista da New York nel 1938 e fu resa a de Chirico solo nel 194913. L’Archivio Pierre Matisse (sul retro è presente l’etichetta dell’omonima galleria) c’informa che il dipinto fu proprietà del dott. Allan Roos di San Francisco prima di essere acquistato, nel luglio del 1964, da Matisse che lo vendette alla collezionista newyorkese Helen Acheson14. Mrs. Acheson lo prestò alle mostre di de Chirico di Milano e Hannover del 197015. Nel 1980 è pubblicato come proprietà di un privato torinese16, indicazione che, con probabilità, lo attesterebbe come già presente in quella data nella Collezione Cerruti.
Silvia Loreti
1 De Chirico 1962, p. 87.
2 G. de Chirico, Noi metafisici (1919), in de Chirico 1985, p. 85.
3 De Chirico 2008, p. 616.
4 Robinson K. 2008, pp. 371-382.
5 Ibid., p. 377.
6 Noel-Johnson 2017, p. 435.
7 Ringrazio gli archivisti dell’Università di Victoria, Canada.
8 Soby 1955, p. 235.
9 Noel-Johnson 2017, pp. 598, 603, 604.
10 Fagiolo dell’Arco 1980a, p. 67.
11 Contratto del 23 ottobre 1919 tra Mario Broglio e Giorgio de Chirico - I parte, nn. 1-2, in Fagiolo dell’Arco 1980a, p. 83.
12 Ringrazio Giorgia Chierici, Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, per aver permesso d’identificare una delle due etichette.
13 Ledger 1938-1978, JPL B038, Julien Levy Gallery records, 1857-1982, Philadelphia Museum of Art Archives. Ringrazio Miriam Cady, Reference Archivist, The Barnes Foundation, Philadelphia Museum of Art. Si veda anche Robinson K. 2010, 392.
14 Pierre Matisse Gallery Archives. MA 5020: Folder 85.42. Department of Literary and Historical Manuscripts, The Morgan Library & Museum. New York, N.Y. Ringrazio María Isabel Molestina-Kurlat, Head of Reader Services, Sherman Fairchild Reading Room, The Morgan Library, New York.
15 Pierre Matisse Gallery Archives. MA 5020: Folder 7.15. Department of Literary and Historical Manuscripts, The Morgan Library & Museum. New York, N.Y.
16 Fagiolo dell’Arco 1980b, p. 32.
